Archive for giugno, 2015
JURASSIC WORLD di -Colin Trevorrow- recensione di Stefania De Zorzi
I sequel delle grandi produzioni americane somigliano spesso a
colossali ricette di cucina: nel caso di “Jurassic World”, quarto
capitolo della saga, si prende Isla Nublar con i suoi dinosauri
ricreati geneticamente e divenuta parco di divertimenti, un paio di
ragazzini in pericolo, un eroe e la sua controparte femminile, un
antagonista dalle intenzioni ambigue, e li si mescola con
Velociraptor, Tirannosauri, Pterosauri e altre affascinanti creature
giurassiche a volontà. Nuovi ingredienti aggiunti per variare la
ciclica reiterazione della storia sono un dinosauro geneticamente
inventato, l’Indominus Rex, più grande ed intelligente di un
tirannosauro, e soprattutto con più denti, e la possibilità di un
rapporto fra l’uomo e i rettili predatori, nello specifico un
gruppetto di Velociraptor addestrati da Chris Pratt/Owen Grady. Colin
Trevorrow dirige un film abbastanza prevedibile, un po’ infantile per
gli adulti, e forse troppo pauroso per i bambini, in cui l’Indominus
Rex è una sorta di Godzilla diabolico, assetato di morte, che
trangugia in un sol boccone per la gioia dello spettatore i
malcapitati che gli vengono a tiro. Bryce Dallas Howard, nei panni
della dottoressa Claire Dearing, colpevole co-creatrice dell’orrida
creatura, è per buona parte del film l’insopportabile e petulante
(anti)-eroina, mentre Chris Pratt ha il giusto physique du role per
vestire i panni dell’eroe scanzonato, stile Indiana Jones (non a caso
è uno dei candidati ad impersonarlo in un prossimo film della serie).
Non mancano alcune belle scene: prima fra tutte quella del
protagonista che sussurra ai Velociraptor, tenendoli a bada, l’attacco
in massa degli pterosauri al centro visitatori, la corsa in moto
fianco a fianco coi Raptor, che da sole possono valere la visione. Ci
sono anche citazioni dagli episodi precedenti, con T-Rex e
Velociraptor che diventano quasi simpatici rispetto alla malvagità
innaturale dell’Indominus; il culmine trash è l’occhiata affettuosa
scoccata dal Raptor al suo addestratore dopo la grande battaglia
finale fra dinosauri. Si arriva alla fine tra il déjà-vu e una
sensazione di piacevole scorrevolezza, come in quei libri letti e
riletti più volte da ragazzi, in cui ti affezioni ai personaggi e alla
storia, pur sapendo già perfettamente come andrà a finire.
giugno 27, 2015 at 10:14 am alphavillepc2 Lascia un commento
FURY -David Ayer- recensione di Stefania De Zorzi
Un ufficiale tedesco a cavallo avanza lentamente nella nebbia su un
campo di battaglia ancora fumante, costellato di carri armati
semi-distrutti: finché Brad Pitt/Don “Wardaddy” Collier, non lo coglie
di sorpresa, mettendo brutalmente fine alla sua vita. Con questa
immagine, bella nel raffronto incongruo fra animale e macchine, si
apre il film “Fury”, diretto da David Ayer, ambientato nell’Aprile del
1945, quando gli americani, penetrati in territorio tedesco, strappano
sanguinosamente una città e un paese dopo l’altro al dominio del
Reich. Rispetto ad altri film bellici visti in passato, è nuova l’idea
di seguire le vite di un gruppo di soldati che condividono lo spazio
claustrofobico e protettivo di un carro armato: Brad Pitt, sfregiato e
carismatico, capeggia una squadra di uomini imbestialiti dagli orrori,
in cui si inserisce, a causa del decesso di uno dei membri,
l’innocente recluta Logan Lerman/Norman Ellison. Il film di Ayer è la
storia di un’educazione, così come in passato era stato anche
“Training Day”, un percorso iniziatico che passa attraverso il primo
omicidio a sangue freddo, la consapevolezza del piacere di uccidere,
il sesso (seppure consenziente) con il nemico conquistato, e
naturalmente l’accettazione del ragazzo, ormai diventato uomo, da
parte della squadra. Si vede la lezione di “American Sniper” nel
coinvolgimento spietato dei bambini, trasformati in carnefici da una
logica atroce, e nel modo di girare certe scene, dove pare di
respirare il fuoco e la polvere. Ayer riesce ad evitare per buona
parte del film il tranello della retorica dei buoni contro i cattivi,
mostrandoci gli americani che elargiscono cioccolato e sigarette ai
vinti non per bontà d’animo, ma in cambio di favori sessuali, mentre i
morti vengono depredati dei loro effetti personali come bottino di
guerra. La scena dell’incontro con le due tedesche rimane memorabile,
carica di tensione e di imprevidibilità, in un’alternanza di dolcezza
e di violenza, mentre lo spettatore si chiede dove arriverà l’iniziale
sgradevolezza del protagonista e dei suoi compagni. Il film non è del
tutto esente da ingenuità e luoghi comuni (il dialogo finale fra
Norman e un Jon Bernthal/Grady Travis poco credibile nella sua
ritrovata umanità ne è un esempio), ma rimane nel complesso
interessante e abbastanza originale, ben diretto in uno stile che
mescola poesia e orrore, e supportato da un ottimo cast, con Logan
Lerman che duetta senza sfigurare con il suo mentore/antagonista Brad
Pitt.
giugno 24, 2015 at 10:35 am alphavillepc2 Lascia un commento
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