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OPPENHEIMER – un film di Christopher Nolan recensione di Stefania De Zorzi

Il mondo è in fiamme, luci che potrebbero essere particelle o astri sfrecciano brillanti in uno spazio oscuro: è l’incipit reso ancor più spettacolare dal formato IMAX 70 mm. del nuovo film diretto da Christopher Nolan, “Oppenheimer”.

J.Robert Oppenheimer/Cillian Murphy, genio della fisica, viene chiamato dal colonnello Leslie Groves/Matt Damon a dirigere il Progetto Manhattan durante la Seconda Guerra Mondiale: insieme a un gruppo di scienziati di fama internazionale, fra cui Edward Teller/Benny Safdie, Ernest Lawrence/Josh Hartnett, Vannevar Bush/Matthew Modine, porta a compimento la costruzione della prima bomba atomica. Dopo diversi anni dalla fine del conflitto Oppenheimer è sottoposto a giudizio col pretesto dei suoi contatti familiari e di gioventù con membri del partito comunista, e gli viene tolto il nulla osta per la sicurezza; a distanza di tempo vengono tardivamente riconosciute la sua integrità e grandezza, a discapito di invidie e gelosie nelle alte sfere militari.

Nolan dirige un film dall’andamento non lineare, sia per la commistione di diversi tempi/luoghi, che per la giustapposizione di scene che si susseguono ad un ritmo incalzante, in analogia ai granuli e alle onde che, secondo la fisica quantistica, costituiscono la materia al suo livello più profondo. Come sempre nei film di Nolan, la cifra stilistica è molto forte: l’uso del formato IMAX 70mm. consente una visione immersiva e iper-realistica dai colori più vividi e dai dettagli più definiti rispetto alla tecnologia digitale standard, evidenti nei primi piani dei protagonisti (le iridi blu di Cillian Murphy hanno una consistenza quasi tridimensionale), così come nella polverosità del deserto di Los Alamos, o nelle immagini fantasmagoriche del mondo “quantistico” che ossessionano la mente dello scienziato.

Lo scoppio della prima atomica sperimentale è filmata senza l’aiuto di CGI, riprendendo da vicino una vera esplosione, con un effetto documentaristico che è l’opposto dell’artificialità digitale. Nolan gioca anche con l’uso del bianco e nero per le scene in cui è protagonista l’ammiraglio Strauss/Robert Downey Jr., come a significare la prospettiva squallida di una mente opaca a confronto con i colori brillanti delle scene in cui è presente Oppenheimer.

Il film non è solo una questione di stile: i dialoghi scoppiettanti fra gli scienziati, ognuno col suo personale apporto di genio, sia esso in campo matematico, fisico, chimico, ingegneristico, nonché con le proprie umane miserie, fra egocentrismo, testardaggine e gelosie non solo professionali, trasmettono l’eccitazione del pensiero creativo, in un gioco di particelle che si incontrano e si scontrano. Il risultato storico purtroppo è l’“Oppenheimer’s deadly toy” cantato da Sting, ma anche la meraviglia del genio umano, che non nasce e si sviluppa solitario, ma prospera in uno spirito di squadra che fatica a conciliarsi sia con le esigenze di segretezza dei militari, che con l’ottusa demagogia della politica e del potere.

Oltre allo scienziato c’è anche l’uomo: talvolta “disumano” nella sua ossessione per la ricerca, sul cui altare sacrifica la cura dei figli, o donnaiolo impenitente a discapito di chi ha la sventura di amarlo profondamente; ma anche leale con gli amici e coerente con le proprie convinzioni, con buona pace delle conseguenze drammatiche su reputazione e vita privata.

Il pathos biografico è garantito oltre che dalla scrittura anche dal cast eccezionale: insieme a Cillian Murphy, ossessionato, impudente, moralmente ambiguo, meritano menzione una straordinaria Emily Blunt nei panni della moglie Kitty, Robert Downey Jr volutamente imbruttito, Matt Damon comandante solido e pragmatico, Florence Pugh amante sensuale.

Malgrado i tanti pregi, non è un film perfetto: le tre ore di durata un po’ pesano sullo spettatore per l’eccesso di informazioni e di personaggi, per le lungaggini nel processo a Oppenheimer, e per la prolungata narrazione frammentaria, in un gioco a incastri in cui Nolan tende da qualche tempo a strafare.

Rimane comunque un’opera imperdibile, innovativa e ricca di contenuti, da vedere al cinema a costo di qualche sacrificio logistico nelle tre sale italiane in cui è possibile assistere alle proiezioni in formato 70 mm. (anche se non Imax).

agosto 31, 2023 at 12:41 PM 1 commento


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