Archive for ottobre, 2019
Joker – Un manifesto rabbioso e mirabile di cinema anti sistema – recnsione di Marco Zanini
Anno: 2019
Titolo originale: Joker
Paese di produzione: USA
Genere: drammatico, thriller
Regia: Todd Phillips
Produttore: Bradley Cooper, Todd Phillips, Emma Tillinger Koskoff
Cast: Joaquin Phoenix, Robert De Niro, Zazie Beetz, Frances Conroy, Brett Cullen, Glenn Fleshler, Bill Camp, Shea Whigham, Marc Maron, Douglas Hodge, Leigh Gill, Josh Pais, Brian Tyree – Henry, Dante Pereira Olson
Nella Gotham City del 1981 Arthur Fleck si guadagna da vivere facendo il pagliaccio, ma il suo sogno è diventare un comico e avere successo come il suo idolo Murray Franklin, conduttore di un programma televisivo. Arthur vive con la madre Penny, è depresso da anni e soffre anche di un disturbo che gli scatena improvvisi eccessi di risa. Nonostante questo e il suo desiderio di diventare cabarettista, è privo di qualsiasi talento comico e la sua figura trasmette per lo più tristezza. Quando Thomas Wayne si candida sindaco, mentre vengono tagliati i fondi per l’assistenza sociale, Fleck si trova totalmente abbandonato ed alienato. La situazione precipiterà sempre di più, ma nonostante le difficoltà riuscirà a risvegliare dentro di sé un coraggio oscuro che finalmente darà un senso alla sua vita.
Il Joker è diventato ormai un’icona, non solo delle vignette, ma anche del grande schermo. Tutto questo grazie anche agli straordinari interpreti che ne hanno vestito i panni, a partire da Jack Nicholson, passando per Heath Ledger, per arrivare a Jared Leto. Joaquin Phoenix non è stato da meno e il suo villain pittato, grazie al lavoro di sceneggiatura e regia di Todd Phillips, vanta una profondità mai vista prima.
Se quello che siamo sempre stati abituati a vedere di Joker è la sua natura terroristica bidimensionale e manichea, con questo spin off apocrifo rispetto alla saga DC, abbiamo il ritratto di un individuo pericoloso ed instabile creato da una situazione familiare disastrosa e da un passato a lui sconosciuto, continuamente vessato o ignorato dalla società. Phillips senza paura utilizza un personaggio storicamente etichettato in negativo dal pubblico per evidenziare l’atavico disinteresse che il nostro sistema nutre nei confronti dei diversi e le discriminazioni verso i malati di mente, considerati come l’ultima ruota del carro. Joker prima di diventare il re di quella Gotham oscura e immersa nel fuoco e nelle urla del terrore, è un clown che viene picchiato dai ragazzini e dagli yuppies, vittima di abusi minorili, inconsapevole della sua condizione infantile e costretto a vivere senza uno specialista con cui poter parlare. Thomas Wayne, padre di Bruce – Batman, è un miliardario senza scrupoli, devoto solo alla sua ricchezza e pronto ad incrementare l’odio verso gli emarginati. Dopo questo film non saremo più in grado di vedere il mito di Batman con gli stessi occhi. La Gotham in cui Arthur Fleck cade e si rialza per diventare simbolo degli indesiderati è una città sporca, opprimente e puzzolente, inquadrata perfettamente da una fotografia che ne risalta gli antri meno confortevoli e allegri. Metropolitane oscure in odore di omicidio, scalinate infinite e desolanti, vicoli pieni di spazzatura bagnata. Phillips tende i fili di uno spettacolo tetro e raramente così negativo nella storia dei supereroi, ma di fatto questo Joker del mondo dei supereroi non ha quasi niente. Bruce Wayne non è ancora Batman, è solo un infante, ma ha il suo primo incontro con quello che diventerà uno dei suoi nemici più famosi, che cercherà per giunta, con un’azione folle e scriteriata, di fargli capire di non essere dalla parte del torto.
La regia, portata a compimento da un cineasta che fino ad oggi aveva vissuto per lo più di commedie (suoi i vari Una Notte Da Leoni, insieme ai divertenti Old School e Starsky & Hutch), sorprende e confeziona un film di spessore tecnico e di contenuti, capace di andare dritto al punto in maniera incredibilmente genuina e umana. Il confronto tra Arthur e Thomas Wayne, così come il finale nello studio televisivo di Murray Franklin, diventano immediatamente scene da manuale del cinema anti sistema. Per quanto riguarda Joaquin Phoenix, siamo al cospetto della prova principe di un mostro della recitazione, in ginocchio di fronte al volere della telecamera che ne mette in scena la struggente espressività e la sconvolgente fisicità contorta e spolpata. Un passo più in là di V Per Vendetta, Joker brucia sulle nostre retine una vendetta intima ed emozionante nei confronti del nostro mondo ingiusto che viene messo di fronte a due verità: o si cambia al principio o le conseguenze potrebbero essere devastanti.
Zanini Marco
JOKER di Todd Phillips recensione di Carlo Confalonieri
|
Ad Astra di James Gray recensione di Stefania De Zorzi.
Impavido, vulnerabile, il volto stropicciato dagli anni: in contrapposizione ai teen-ager dotati di super-poteri, Brad Pitt segna il ritorno dell’eroe adulto e minato da umane fragilità in “Ad Astra”, film diretto e in parte sceneggiato dal talentuoso James Gray.
In un futuro prossimo, Roy McBride/Pitt è l’astronauta prescelto dal Comando Spaziale degli Stati Uniti per andare su Marte e da lì inviare un messaggio fino a Nettuno. Fra gli anelli del lontano pianeta orbita l’astronave del Progetto Lima, guidata trent’anni prima dal padre di Roy, H. Clifford Mc Bride/Tommy Lee Jones, e da essa si irradia un “picco” che provoca devastanti tempeste elettriche sulla Terra.
Il film è la storia di un viaggio, tema tipico della fantascienza classica: dalla Terra alla Luna, poi su Marte, fino al remoto Nettuno, ai confini del sistema solare; attraverso l’avventura interplanetaria si rivela anche il percorso interiore del protagonista, abbandonato dal padre in nome della scienza quando era ancora un adolescente.
Il primo tempo scorre fluido, con soggettive vertiginose da un’impossibile torre di metallo alta chilometri, o sospesi nel vuoto cosmico, fuori dal comfort protettivo e claustrofobico della navicella. James Gray realizza una fantascienza dall’impianto realistico, e dà il meglio di sé nelle sequenze esplorative e avventurose, come nella rincorsa dei rover sulla Luna, o nell’ingresso carico di tensione nella stazione spaziale norvegese. Gli astronauti perdono temporaneamente volto, mentre il visore diventa lo specchio deformante di ciò che li circonda. E’ il futuro, ma non troppo distante: le astronavi mantengono le forme riconoscibili di razzi e capsule, mentre sulla Luna l’uomo ha ricostruito, ironicamente, una banale attrazione turistica simile a tante altre sulla Terra, con gadget e centri commerciali.
Fin qui tutto bene: peccato che nella seconda parte il ritmo rallenti vistosamente, fra i verbosi flussi di coscienza del protagonista e l’incontro con la tanto sospirata figura paterna, che dovrebbe essere commovente, e invece risulta quasi grottesco. Gray nega ogni sorpresa allo spettatore sia nella trama che nella psicologia dei personaggi, affogando l’avventura spaziale in un imbarazzante e scontato apologo morale.
E’ un film che ricorda Two-face, il personaggio del fumetto di Batman, per metà bello e per metà sfigurato, su cui pronunciare un giudizio complessivo risulta difficile. Per fortuna che c’è Brad Pitt, il cui viso affascinante e mobile è ripreso in intensi primi piani dall’inizio alla fine: in modo ridondante e irresistibile.
Commenti recenti