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Spider-Man: Across the Spider-Verse recensione di Stefania De Zorzi.

“Spider-Man: Across the Spider-Verse” è un viaggio rivoluzionario da cui si esce ammirati e un po’ storditi, consci di aver assistito ad un evento di rottura forse ancor più radicale dell’episodio precedente rispetto ai canoni del classico lungometraggio animato. 

L’adolescente Miles Morales ritrova l’amata Gwen Stacy in fuga dal padre poliziotto, e deve nel contempo affrontare la Macchia, scienziato che Miles ha involontariamente condannato alla deprivazione del proprio corpo, trasformandolo in un portale multi-dimensionale vivente. Passando attraverso Mumbattan, megalopoli ibrido tra Mumbai e Manhattan, Miles salva due persone ma provoca un grave incidente, per poi approdare sul Quartier Generale Terra 928, dove apprende da Miguel O’Hara / Spiderman 2099 una verità sconvolgente sui meccanismi che reggono il multiverso. 

I registi Joaquim dos Santos, Kemp Powers, Justin K. Thompson, insieme agli sceneggiatori Phil Lord, Christopher Miller e David Callaham continuano il percorso innovativo già intrapreso dal precedente “Spider-Man: un Nuovo Universo”. Il multiverso è grafico, laddove ogni Terra è resa in uno stile che ripropone le tecniche di stampa e la cifra dei disegnatori storici del fumetto: dallo spesso retino tipico degli anni Sessanta/Settanta, alla qualità pittorica del mondo di Gwen Stacy in cui i colori si stemperano come in un acquerello sottolineando le emozioni dei protagonisti, passando per l’accesa psichedelia dei tunnel dimensionali, fino alla nitidezza tecnologica di Terra 928. Non mancano poi gli inserti citazionisti con attori in carne ed ossa, e personaggi “ritagliati” con tecniche differenti (come l’Avvoltoio, nella bella scena iniziale), che spiazzano e coinvolgono in un divertente gioco di rimandi.

Il multiverso include molteplicità di etnie, culture, generi e specie, con uno Spider-Man T-Rex e un irresistibile Spider-Punk, un avvenente supereroe indiano (che non è stato morso da un ragno), una determinata Spider-Woman incinta, e per finire uno Spider-Man 2099 vampiro e privo di senso dell’umorismo. 

Le sorprese non finiscono qui: perché la rivoluzione è anche quella contro il multiverso determinista dove le cose “devono” succedere, condannando gli eroi alla tragedia e al lutto familiare.

La regia è vertiginosa, con tuffi immersivi da una dimensione all’altra in un caleidoscopio di colori e angolazioni ritmate da un rap intenso e spietato, che in due ore e venti minuti di durata lasciano lo spettatore ammirato e quasi stremato. Il finale, con la sua svolta sorprendente nella trama, non è tale, e bisognerà attendere il 2024 per l’episodio conclusivo: ma di fronte a un tale sfoggio di genio e di coraggio irriverente, la serialita’ è un peccato veniale. 

giugno 5, 2023 at 10:09 am 1 commento


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