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The King’s Man – Le Origini – recensione di Stefania De Zorzi

Matthew Vaughn, con il suo approccio scanzonato e irriverente ai (super)eroi, regista di storie dissacranti ai limiti del grottesco, ama sorprendere gli spettatori: il suo ultimo film “The King’s Man -Le Origini”, non fa eccezione, sebbene con modalità differenti.La trama inizia nel 1902 in Sudafrica, durante il conflitto anglo-boero, per poi spostarsi con un salto temporale e geografico 12 anni più tardi, in Inghilterra. Il giovane Conrad/Harris Dickinson è ansioso di eguagliare le azioni valorose compiute in passato dal nobile padre, Orlando Oxford/Ralph Fiennes, e si addestra al combattimento sotto la guida del fedele Shola/Djimon Hounsou, mentre il genitore è coadiuvato da Polly/Gemma Arterton, “tata” dalle molte risorse. Lontano dal maniero aristocratico, in un luogo imprecisato sulla cima di una montagna impervia, si riunisce un gruppo di cospiratori che annovera fra le sue fila il monaco Rasputin/Rhys Ifans e il consigliere del Kaiser, Hanussen/Daniel Bruehl, capeggiato da un misterioso “Pastore” smanioso di scatenare morte e distruzione attraverso tutta l’Europa. Fin dalla sequenza iniziale si capisce che qualcosa non va rispetto ai precedenti episodi di “ Kingsman”: sulla scena si consuma in pochi minuti una tragedia, di cui si può dire, senza voler svelare troppo, che è il preludio a molte grandi favole. A partire da quel momento, Vaughn alterna il registro brillante e scapestrato che gli è abituale (nella scena dominata da un magnifico Rhys Ifans, che impersona un Rasputin guaritore lascivo, danzatore, assassino e praticamente invulnerabile, o ancora nel duello col gigante che scaglia gli eroi come fuscelli nel covo dei cattivi), con toni seri e drammatici, in cui l’ironia, se presente, ha comunque una sfumatura tragica (i tre sovrani, re Giorgio d’Inghilterra, lo zar Nicola di Russia e il Kaiser Guglielmo di Germania, sono interpretati dallo stesso attore, Tom Hollander,  a significare che gli uomini di potere, seppure con sfumature diverse, si assomigliano).Vaughn, pur se originale, è debitore del “1917” di Sam Mendes nelle sequenze girate fra le trincee, con la scenografia e i combattimenti da video-game dark, mentre il Rasputin ricorda la versione diabolica e a suo modo irresistibile del monaco in “Hellboy”. Non a caso l’ispirazione fumettistica, dalle graphic novels di Mark Millar e Dave Gibbons, è sempre ben evidente, con qualche sbavatura: nella rilettura disinvolta degli episodi storici, nelle libertà narrative di diversi passaggi, così come nei tratti caricaturali di alcuni personaggi, e naturalmente nelle scatenate sequenze d’azione. Il regista tira un violento colpo basso agli spettatori fiduciosi di ritrovare la leggerezza degli episodi precedenti, difende con un calore in odore di Brexit, seppure stemperato da considerazioni pacifiste e anti-colonialiste, l’amata Inghilterra, mentre non risparmia dalla satira politica ne’ i monarchi europei ne’ il presidente degli Stati Uniti d’America.Il risultato è un film intrigante che tradisce le regole della serialità, anche se non sempre riuscito proprio a causa dell’oscillazione continua e talvolta fastidiosa fra fumetto e storia, avventura mirabolante e tragedia improvvisa, umanità alternativamente grottesca e dolente.

gennaio 11, 2022 at 10:48 am 1 commento


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