Archive for luglio 27, 2010

Shutter Island di Martin Scorsese ( dvd e b-ray )

E’ il rumore di una matita che violenta un foglio bianco: meno di un sibilo, molto più di uno schiaffo. E’ quel rumore lì, insostenibile, quel gesto ossessivo e senza pace: un ghigno feroce e sdentato, un trapano che urla nel cervello. E’ questo «Shutter island», più di ogni altra cosa: una pagina vuota che si lacera prima che un’altra venga scritta. Nel mistero della mente che si incrina, il doppio sogno di una ferita che genera mostri: non ci sono vincitori – ma solo vinti -, nel grande complotto del senso di colpa che ti fotte la testa. E’ di cenere e di fumo, gonfio di pioggia e livido di brutti presentimenti, il nuovo film di Martin Scorsese: che dopo l’Oscar per «The departed» continua a rileggere alla sua maniera (con nerbo e personalità) i generi disseminando di trabocchetti gotici un thriller psicanalitico, incubo a occhi aperti che affascina e respinge, apologo ispirato e attuale (nonostante la chiara ambientazione anni ’50), ma a tratti anche confuso, sulla rimozione, peccato capitale di un’umanità in perenne fuga da ciò che ha fatto.La storia labirintica di Teddy Daniels, agente dell’Fbi «cresciuto dai lupi» inviato su un’isola che ospita un manicomio criminale: una paziente – che ha ucciso, annegandoli, i tre figli – è scappata. Sparita nel nulla, come evaporata dalla sua cella, svanita da un luogo da cui sembra impossibile fuggire: a Teddy e al suo collega il compito di ritrovarla. Anche se il bersaglio, in realtà, è più grosso: l’agente, infatti, sospetta che i medici del manicomio conducano atroci esperimenti per annullare la volontà umana…E’ bello (anche molto, nella sua magistrale ricerca estetica) ma non spacca, «Shutter island», thriller onirico-paranoico ottimo e tesissimo per tutta la prima parte, poi via via meno suggestivo e «moderno» nel suo dipanarsi verso l’inevitabile resa dei conti. Impermeabili e fucili, grate e reticolati, filo spinato e brutte cravatte: fatti suoi alcuni stilemi ultra-classici (il faro, la tempesta, la scogliera, le scale a chiocciola, il manicomio, lo scienziato pazzo…), Scorsese approda sull’isola che (non) c’è dei freaks e dei reietti per aprire le celle dei fantasmi della mente: là dove il tono horror è una pennellata d’artista nella riflessione crudele e magari ridondante, ma per nulla banale ed estemporanea, sulla memoria negata. Ma, tra reminiscenze dell’olocausto e guerra fredda, il regista di «Taxi driver» si esalta in particolar modo, complice la splendida fotografia antinaturalistica di Robert Richardson (due Oscar sulla mensola e varie nomination nel cassetto), nella rappresentazione potente di un cinema-cinema sottolineato dai colori polarizzati e dai bianchi accecanti, là dove la citazione delle atmosfere di schermi che furono si trasforma in segno ed espressione grazie a carrellate magnifiche e a dolly sontuosi.Campione di incasso negli Stati Uniti, ispirato a un romanzo cupo e giallissimo di Dennis Lehane (l’autore di «Mystic river»), «Shutter island», interpretato da un Leo DiCaprio sufficientemente smarrito (anche se chi davvero resta sono i protagonisti di contorno: Michelle Williams, Max von Sydow, Patricia Clarkson), rende un po’ troppo «telefonato», il primo colpo di scena finale, prendendo però il pubblico in contropiede col secondo, che rimescola ancora le carte: scelta estrema e volontaria di chi non ha paura della morte perché all’inferno c’è già stato.
Filiberto Molossi, Gazzetta di Parma

luglio 27, 2010 at 5:04 PM 1 commento


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